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Borgotaro, in giro per il borgo
 
bagnone il castello

Palazzo Boveri a Borgo Val di Taro

Borgotaro, in giro per il borgo

Via Nazionale

Superato il ponte San Rocco, di fronte incontriamo il borgo con in primo piano il maestoso Palazzo Bertucci. Prendiamo la prima a sinistra e percorriamo Via Lungo Taro Imbriani che va a sfociare in Largo Roma. Da qui inizieremo la nostra visita.
Partiamo dal Largo Roma e attraverso quella che un tempo era Porta Nuova, ci inoltriamo lungo Via Nazionale. Per anni, nel passato, il suo nome fu Via Principale, non tanto perché fosse la più importante, ma perché era la via che percorreva il Principe quando si recava al castello, situato in fondo alla via, che è lastricata con cubetti di porfido. Lungo il percorso incontreremo i palazzi più prestigiosi, i bar più frequentati e negozi in grado di offrire le specialità gastronomiche della zona.

Palazzo Manara
Appena entrati nella via destra incontriamo Palazzo Manara, un tempo proprietà della nobile famiglia dei marchesi Manara. Il palazzo venne costruito nel 1711, come si puo leggere sopra il bel portale d'igresso. decorato da bugnato (lavorazione muraria costituita da blocchi di pietra sovrapposti) a punta di diamante in doppia fila. Sulla sinistra si diparte la breve via del Teatro a ricordo di un teatro a palchi che la comunità aveva eretto nel 1820, poi ceduto nel 1940, e successivamente abbattuto per far posto al nuovo Teatro Cinema Farnese.
Sulla sinistra, al n. 11, si può osservare un edificio alto e stretto che ben rappresenta l'antica tipologia abitativa, quando le famiglie avevano un locale a piano terra per la stalla o per la bottega, sopra la cucina, sopra ancora una camera. Potrete osservare una di queste costruzioni ancora ben conservata con cornicioni e soffitti in legno nella parallela via Battisti al n. 8.


Palazzo Boveri
Già da lontano non puo non colpirci il Palazzo Boveri con i suoi stucchi e cartigli rigogliosi che attirano l'attenzione del turista. Fu abbellito in occasione del passaggio della neo-regina Elisabetta Farnese, quando andava in Spagna a raggiungere il marito Filippo sposato per procura a Parma. Elisabetta vi pernottò per due notti (25-24 settembre 1714) prima di proseguire nel suo viaggio.
Sul portone dîngresso, in alto, lo stemma della famiglia Boveri. Sulla facciata spiccano tre ampi stemmi: quello al centro rappresenta lo stemma originario della tamiglia Farnese, con i classici gigli messi in tre. due. uno; il primo a sinistra rappresenta lo stemma della famiglia Farnese, cosi come si configurava
nel '700, arricchito di nuovi elementi legati alla storia della grande lìimiglia. Lo
stemma originario Farnese venne, infatti inquartato dal duca Alessandro con
l'aggiunta dello stemma di casa d'Austria per ricordare la propria madre Margherita, figlia dell'imperatore Carlo V. Al centro, "in palo" come suol dirsi, quello
che appare come un grosso ombrellone che invece rappresenta il titolo, assai
ambito, di "Gonfaloniere di Santa Madre Chiesa" conferito a Pier Luigi Farnese da
Papa Gìiulio III nel 1550. Sulla destra lo stemma della Comunità.
Osserviamo ora le fìnestre del piano nobile. Sotto il davanzale di ognuna, notiamo da sinistra una serie di rafiguraioni che vogliono rappresentar‘e quelli che erano i prodotti caratteristici della terra probabilmente serviti in occasione della visita di Elisabetta.
Sotto la prima un cane da "penna” punta un volatile che purtroppo non appare
più: sotto la seconda un segugio sta inseguendo la selvaggina, quindi, le trote
e le anguille del Taro, i cereali e prodotti in genere della terra.
Sopra l'architrave delle finestre. gli stemmi delle Famiglie nobili borgotaresi che hanno contribuito alle spese per l’abbellimento della facciata.
Entriamo dal portone d'ingresso e prendiamo la scala a sinistra. Sulla parete del pianerottolo, altorilievo di Giuliano Mozzani in marmo di Carrara (prima
meta del '700). Raro caso in cui, nella stessa opera, vengono rappresentati due
. anti episodi della vita della Madonna: l'Annunciazione e l'Assunzione in cielo. Nella parte bassa, la Vergine inginocchiata riceve l'annuncio da un angelo in volo, nella parte alta, bella decorazione della Madonna in estasi, che sale verso il Cielo sorretta da alcuni angioletti.
Una volta usciti da Palazzo Boveri osserviamo agli angoli le " Quattro Stagioni" riconducili ad Alessandro Gherardini (1655- 1726), buon pittore fiorentino
che lavorò per molto tempo al Borgo.
Palazzo Boveri fa angolo con Via Domenico che conduce all'omonima chiesa. La parte di Palazzo Boveri che prospetta su questa via venne colpita da un bombardamento avvenuto il 3 agosto 1944, che causò diverse vittime.
Ii palazzo, che un tempo appartenne alla nobile e potente famiglia Misuracchi, presenta un cortile con bella gradinata ed elegante loggiato settecentesco con
soffitto a vele incrociate.


Il Portello
Procedendo si nota, stilla destra, un voltino. Da lì, attraverso due rampe di
scale, scendiamo nel luogo in cui un tempo si apriva la più antica delle porte
di entrata al Borgo: il Portello.
Nella piazzetta, un tempo adibita a mercato dei funghi, si trova il Ristorante
"Il Fondo”, in estate dotato di tavoli esterni sotto una elegante struttura, con bella vista sul crinale toscano. Si entra nel locale attraverso un bel portale in pietra, un tempo ingresso al prestigioso Palazzo dei Conti Bertucci.


Palazzo Bertucci
Se scendete l’ultima rampa di scale potrete ammirare in tutta la sua bellezza questo imponente edificio tardo secentesco, disposto su cinque livelli, come se la famiglia Bertucci avesse voluto dare a quanti arrivavano al Borgo, concretezza visiva ai meriti, al rango e al ruolo di una famiglia che proprio in quegli anni (1704)
veniva insignita del titolo nobiliare dal Duca Francesco I Farnese.
Per entrare nel palazzo dobbiamo risalire in Via Nazionale, al n. 72: l'ingresso di Palazzo Bertucci, la facciata, che si affaccia sulla via su tre livelli, si presenta abbastanza anonima, con ingresso modesto. Un corridoio con lastroni in pietra immette in un cortile, dove spicca un elegante loggiatto che appoggia su colonne monolitiche di arenaria locale. Superato il cancelletto in ferro batutto, siliamo lo scaloncino e, sulla parete del pianerottolo, possiamo ammirare una bellissima targa sormontata dagli stemmi dei Borbone, posta a ricordo della visita del Duca di Parma Ferdinando I e di una precedente della consorte Maria Amalia.
Ci portiamo al primo piano e sulla destra vediamo la porta d'ingresso a quello
che un tempo era il piano nobile. Vi sono conservati interessanti affreschi, che sottoposti di recente a pulitura e restauro hanno acquistato nuova brillantezza. Durante i giorni lavorativi, ci sarà possibile entrare e visitarlo, in quanto, dal 2007, l'intero piano è stato adibito a uffici (per visite tel. 0525 96283).
Le opere sono nella quasi totalità riferite a temi didascalico-mitologici, con riferimento anche al ruolo della famiglia Bertucci.
Nel soffitto del salone "Bacco incontra Arianna addormentata nell'isola", dentro cornice a stucco, opera che presenta molti attributi riferibili ai due personaggi. Così il carro trainato dai leopardi, i grappoli d'uva, i Satiri e le Baccanti che aconpagnano Bacco e la testa del Minotauro a ricordo dell'aiuto dato da Arianna a Teseo. Nella sala accanto "Venere che allatta Amore, assistita dalle tre
Grazie"; nella sala contigua, nella volta, "Giunone, colpita dai dardi di Cupido viene condotta all'Olimpo", ove siede Giove attorniato da altre divinità.
Nell’ultima sala, sempre entro bella quadratura, "Aurora che rapisce
Cefalo". In basso, sulla destra, il vecchio Titone, lo sposo di Aurora, per il quale
aveva chiesto a Giove l'immortalità, ma non |’eterna giovinezza. Diverse le attribuzioni (da Antonio Boni ad Antonio Contestabili). È certo che vi lavorò anche il fiorentino Alessandro Gherardini (1655-1726) "l'ultimo importante pittore
fiorentino puro" (G. Ewald) che in una missiva del febbraio 1703 accenna ad "alcuni impegni in casa Bertucci". Quanto rimanga del suo lavoro è difficile affermarlo.


Il Palazzo Pretorio

Tornando sua via Nazionale, ci troviamo in Piazza Prospero Valeriano Manara (1714-1800), nato a Borgotaro, poeta e statista, personaggio di rilievo nella Parma del settecento. Poeta dell'Arcadia (Tamarisco Alagonio) tradusse le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, fu Primo Ministro del Ducato dal 1781 al 1787,
quando per sua volontà decise di ritirarsi a vita privata.
ll palazzo che prospetta sulla piazza è la sede del Municipio. Una targa lo definisce erroneamente "Palazzo Manara". Anche se sul balcone appaiono le due mannaie, stemma dei Manara, in realtà si tratta del palazzo del Pretorio, sede dell’Antica Comunità. Donato dal Comune all'Opera Pia Manara, sorta in seguito al testamento dell'abate Domenico che aveva donato i suoi beni a favore della Comunità.
Sulla facciata è visibile il busto dell’abate, opera del borgotarese Giuseppe Ca-
stagnoli, con una lapide che descrive le sue benemerenze.
Sotto il loggiato, alcune lapidi in marmo ricordano personaggi e uomini d'arme.
Vale la pena soffermarsi su quella dedicata a Francesco Basetti, l'ufficiale napo-
leonico che andò a morire, ancor giovane, per l'indipendenza della Grecia. Una
lapide scolpita in rame, ricorda come da questa terra siano partiti migliaia di poveri emigranti che oggi, impegnati in ogni campo, fanno onore al paese d'origine.
Nel cantone a lato, entrata della biblioteca Manara, fondata nel 1826, sempre in seguito al lascito del già citato Domenico Manara. Vi si trovano alcuni incunaboli, volumi del '500, '600. '700 di scienza,religione, letteratura offerti dalle famiglie più notabili del Borgo all'epoca dell'apertura della biblioteca, ma anche settori specifici relativi alla Resistenza e alla storia locale. Nella sala superiore serie di carte (in originale) relative alla vertenza tra Ducato di Parma e Granducato di Toscana per i confini (sec. XVll°).
Ritorniamo sulla via e, sulla snistra al n. 69), bel portale cinquecentesco, con
riquadri bugnati a punta di dimiante, rosette ai timpani e in chiave lo stemma della famiglia Cassio.
Più avanti, sulla sinistra, il bar pasticceria Fratelli Steckli. Prestigioso negozio
aperto sulla fine dell'800 da una di svizzeri, ora condotto dalla famiglia
Tagliavini. Vini di alta qualità (se siete intenditori fatevi accompagna nella cantina), ma in particolare, nel reparto pasticceria, gustatevi un "amor", una pasta che troverete solo qui e a Pontremoli"
Di fronte, il negozio "Le Bontà di Camisa”: funghi, salumeria (prodotti propri), pasta fresca, torte salate, dolci.

Via Cassia
Sulla sinistra si diparte la Via Cassia. In rapporto alla sua lunghezza pare sia la via a più alta concentrazione di negozi.
Rientriamo in via Nazionale e procediamo ancora sulla sinistra. Al n. 85 si può osservare il logo di San Bernardino da Siena, abbreviazione del nome di Gesù in aramaico, proveniente dalla demolizione del'attiguo palazzo, un tempo Oratorio
dei Disciplinati.

Piazza Castello

Più avanti ci troviamo in Piazza XI Febbraio, già Piazza Castello. Il torrione mozzo è tutto quanto rimane dell'antico castello che un tempo si spingeva fino alla rotonda che vediamo verso il fiume taro. ll crinale del monte Molinatico (1545 m. slm.), come quello delle vicine alture, costituisce la linea di confine tra Emilia-Romagna e Toscana.
Al centro della piazza, sta la secentesca chiesa di Sant'Antonino.
Sulla sinistra della piazza, il Palazzo Tardiani, dalla facciata incompiuta, che presenta alcune lesene e cornicione in pietra. All'nterno, di gran valore l’atrio
e lo scalone. Recentemente restaurato, fu per molti anni (fino al 1948) sede
dell'Ospedale Civile Santa Maria e Lazzaro.

Via Battisti, già Via di Mezzo
Proseguiamo nella nostra visita e passiamo sotto un voltino che ci porla in Via Battisti, un tempo Via di Mezzo, parallela alla via Nazionale. A metà voltino, sulla sinistra, una reliquia: un numero tre, ultimo di quella che fu la più antica numerazione in legno della cittadina.
Sbucati in via Battisti, ci troviamo di fronte il secentesco Palazzo Picenardi, assai rifatto che conserva tuttavia un bel portale con lo stemma della famiglia. Andiamo a destra e sul muro esterno della canonica, in basso, notiamo una nicchia in pietra che i borghigiini chiamano "la roda" (la ruota).
Qui, nei tempi passati, venivano abbandonati i neonati indesiderati. Ora la nicchia all'interno è murata, ma un tempo era collegata ad una ruota in legno che fatta ruotare permetteva che il neonìato non restasse all'aperto e venisse quindi protetto da animali, pioggia o freddo.
Più avanti, al n.76, palazzo Manara, del primo settecento, con bel portale a riquadri bugnati a punta di diamante, in doppia fila, con gigli farnesiani nel
timpano e stemma della famiiglia. Ricche di ornamenti le finestre con riquadri bugnati ed elegante timpano tondo spezzato per far posto al giglio farnesiano. Contiguo altro palazzo che fu dei Manara.
Al n. 80 semplice ed elegante portale in pietra con stemma recante le
caratteristiche due mannaie dei Manara. All'interno piccolo bar e giardino. Il palazzo d'angolo, già Manara, recentemente restaurato, rappresenta forse l'edificio più antico del paese. Già visibile in mappe cinquecentesche, faceva parte integrante delle mura difensive ed era collegato al vicino castello da una striscia di terra detta "strada delle rotaie militari" che, coperta, ospita oggi il Museo delle
Mura. Ci troviamo in Piazza Farnese, uno dei tre accessi al Borgo quando era
cinto di mura.


Piazza Farnese
In un angolo della Piazza è visibile il settecentesco Arco Bertucci, dalla possente architettura sottolineata dall'uso del bugnato. Sopra il fastigio, un obelisco che si trova tra due pinnacoli in pietra. L'opera fatta eseguire dal doctor Alexander", come recita la scritta che vi si legge, costituiva la porta d'ingresso al grande podere dei Conti Bertucci, un tempo collocato all'esterno delle mura cittadine, oggi l’arco è soffocato da varie costruzioni.


Via Corridoni

Torniamo verso la fontana e iniltriamoci lungo la Via Corridoni, parallela
alle precedenti. Al n. 98, un bellissimo e possente portale in pietra d'arenaria che immette in una rampa di scale assai ripida, com'era tradizione un tempo.
Altro bel portale in pietra, al n. 94, con la scritta “Et Deo et hominibus". Sulla destra, al n. 65, grande portale in pietra di Palazzo Molinari, già della famiglia Celio. Bel cortile con acciottolato, colonne monolitiche in pietra, attacchi per cavalcature. Al primo piano la "sala rossa" con drappeggi e specchiere d'epoca e sulla volta stemma dei Celio.
Nella facciata che dà sul cortile esterno elegante balconcino di fine manifattura in ferro battuto del '700.
Al n. 84, la facciata secondaria di Palazzo Piccenardi già visto in Via Battisti, presenta un portale a bugnato, capitelli ionici e stemma illeggibile.
Tra i numeri civici 82 e 72, esempi di tipologia abitativa. Su di una è visibile lo stemma dei Fieschi. Di fronte al n. 72 il famoso "Pozzo dei nudi ", ormai murato.
Proseguendo giungiamo all'altezza di Via Costamezzana, sulla quale prospetta Palazzo Imbriani, sede di una delle più antiche istituzioni del Borgo: la Società di
Mutuo Soccorso M. Renato Imbriani, fondata nel 1874. L'edilìcio, inaugurato nel 1912, venne interamente costruito dai soci.
Proseguendo per Via Corridoni, non può certamente sfuggirci la mole del Palazzo Picenardi, che nel 1836 ebbe ad ospitare la Duchessa Maria Luigia.
Ancora abitato dai discendenti degli Albertoni Picenardi, conserva quadri, affreschi, mobili dei secoli passatti ed un ragguardevole archivio riguardante
quella che fu una delle più insigni famiglie del Borgo, annoverando fra i suoi
membri ecclesiastici. uomini d’arme, pittori, musicisti e poeti.
Arrivati in Via san Domenico svoltiamo verso il giardino "Duca d'Aosta".
Al centro possiamo ammirare il monumennto, unico al mondo, dedicato a Elisabetta Farnese, Regina di Spagna, dalla quale discenderanno i Borbone
di Spagna e di Parma. Erettto a ricordo della sua permanenza al Borgo, è opera
dello scultore Giuliano Mozzani che ne ha curato l'orale in marmo in cui viene
rappresentato, al naturale, il busto della regina. A lato della lapide dettata dal
Marchese Santi, ministro di Stato, che in un latino alquanto contorto spiega i motivi dell'liniziativa, stavano due stemmi. Ne è rimasto uno: quello della Comunità borgotarese.


Il parco 4 Novembre

Arrivati in fondo al viale incontriamo il parco pubblico "4 Novembre", con al centro il monumento ai Caduti. In fondo, l'edificio scolastico ultimato nel
1915.
Un tempo questa era la "zona degli alberghi", orgoglio dei borghigiani. Avendo il
giardino come riferimento, sulla destra il turrito albergo Appennino (1924), sulla sinistra l'albergo Roma (1927), alla nostra sinistra in basso l'Albergo Firenze.
La presenza, gia ottant'anni fa, di due alberghi di siffatte dimensioni in una
piccola cittadina dell'Appennino, non era davvero cosa usuale. Ma il miracolo ha un nome; emigrazione.
Tutta l’area al di la della strada, comprendente il giardino e tutta la zona
a lato e a monte di venne acquistata, intorno al 1910 dal Comune.
Successivamente urbanizzata, fu suddivisa in una trentina di lotti che, messi in
vendita, vennero interamente acquistati dagli emigranti ed edificati negli anni
venti del secolo scorso.
La zona edificata aveva dimensioni tali che venne chiamata "Borgonuovo". Se ci
inoltriamo nel giardino, verso destra, ci troviamo in via Piave e nella parallela Via Montegrappa, una zona di villette costruite negli anni '20, dallo stile vagamente Liberty, alcune rimaste inalterate.
 
 
   
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