Il Monastero Bobbio
All’inizio del VII° secolo, arriva in Italia Colombano, monaco irlandese.
Agiulfo, primo re longobardo ad aver abbracciato la religione cattolica, lo prende sotto la sua protezione ed è grazie alle sue donazioni che San Colombano, nel
512-14, fonderà a Bobbio un importante monastero che verrà ricordato come
il Montecassino del Nord.
Grazie alla particolare generosità della regina Teodolinda, alla quale va il merito
maggiore di aver condotto il suo popolo ad abbandonare l’arianesimo, il Monastero riceve importanti donazioni anche nelle valli del Taro e del Ceno.
In queste terre, per iniziativa dei monaci, nascono ospitalia, oratori, chiese, celle e, a seguire, piccoli e grandi monasteri.
Nel reticolo di strade e sentieri che da Piacenza portavano in Toscana e a Roma,
si segnala particolarmente importante il percorso che passava per la Val Ceno e
la Valtaro, conosciuto come la “via dei Monasteri longobardi”.
Lungo quest'asse viario si incontravano infatti i monasteri di Castell'Arquato, di Val di Tolla (Morfasso), del Pellizzone (Bardi), di Gravago (Bardi), detti “regi” perché istituiti con donazioni dei monarchi longobardi.
Nelle nostre valli, il Monastero di Bobbio aveva il possesso di vaste aree e i monaci avevano cominciato a coltivarle, bonificarle, disboscarle. Una parte di
queste veniva condotta direttamente dai servi che i monaci avevano alle loro
pendenze, il resto veniva dato a dei livellari, specie di fittabili, che dovevano ogni anno al Monastero un piccolo canone in denaro e una parte di quanto il
terreno era in grado di produrre.
Tra queste grandi proprietà, spiccano la Corte di Calice (Bedonia) e quella di
Torresana, ricordata nei documenti con il nome Curtis Turris (dal quale, poi, Borgotaro). Quest'ultima era considerata uno dei più vasti e redditizi possessi
del Monastero di Bobbio.
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